Paolo Giordano - Il nero e l'argento

Paolo Giordano - Il nero e l'argento

Einaudi (Supercoralli)
2014
pp. 118
€ 15


"Emanuele voleva seguire la bara fino alla sepoltura.
Abbiamo pensato che si trattasse di un capriccio, di curiosità sciocca, così glielo abbiamo impedito. Una sepoltura non è cosa per un bambino, e quella in particolare non era cosa per noi. Ci sono situazioni che vanno lasciate all'intimità della famiglia, degli amici stretti, e chi eravamo noi per la signora A.? Dei datori di lavoro, non molto più di questo. La morte ridispone i ruoli secondo un ordine di importanza formale, riduce all'istante gli strappi alle regole affettive che uno si è concesso in vita, e poco importa che Emanuele fosse quanto di più simile a un nipote la signora A. avesse conosciuto, che a noi, a Nora e a me, piacesse considerarci suoi figli adottivi. Non lo eravamo."



Paolo Giordano ha la capacità di scrivere delle cose tristissime, roba che ogni volta mi fa venire un nodo in gola grosso così.
E capisco quindi perché, immancabilmente, appena tira fuori un nuovo libro, non riesco a trattenermi dal comprarlo.
Crea dipendenza, evidentemente.

Eppure, se La solitudine dei numeri primi può esser annoverato tra i miei libri preferiti, non posso dire lo stesso per questa sua ultima fatica (né per la penultima, Il corpo umano).
Se ne parla come se fosse il racconto di una grande storia d'amore, ma io l'ho vista soprattutto come una storia di dolore. E' vero, le due cose possono coesistere  - una certo non esclude l'altra - ma vi basterà leggere le prime righe per rendervi contro che l'amore, in questo libro, finirà di sicuro in secondo piano.


La signora A. - chiamata anche affettuosamente Babette - smette di soffrire proprio nel giorno del trentacinquesimo compleanno del protagonista, il marito di Nora.
"Forse è stato meglio così." sussurra Nora al telefono, mentre apprende l'infausta notizia. Ma si sa, è solo una delle classiche frasi di circostanza. In realtà, poi, è come se quella notizia avesse innescato una bomba nella loro vita di coppia.
La signora A., un po' domestica, un po' tata, un po' mamma, un po' amica e consigliera, quando va via, lascia un vuoto incolmabile.
Per Nora, suo marito e il piccolo Emanuele, Babette era una presenza fissa in casa, una figura di riferimento, una di quelle donne tutte d'un pezzo, forti, testarde, speciali.
Una solida spalla su cui poter contare sempre, ma anche - e soprattutto - "la sola vera testimone dell'impresa che compivamo giorno dopo giorno, la sola testimone del legame che ci univa."
Per la coppia, Babette rappresentava il collante che riusciva a rendere solida la loro storia, le sue mani parevano le uniche in grado di custodire con cura la loro unione.
"A lungo andare ogni amore ha bisogno di qualcuno che lo veda e lo riconosca, che lo avvalori, altrimenti rischia di esser scambiato per un malinteso."
Ed ecco qual era il compito più difficile per la signora A.: non cucinare, tenere in ordine la casa o accompagnare Emanuele alle recite, bensì sostenere una coppia giovane, alle prime armi, inesperta, che ai primi segnali di abitudine comincia inevitabilmente a stridere.
Ecco perché questa è anche una storia d'amore.
Ed ecco perché, a mio parere, lo è di riflesso.
Perché sembra che tutto ciò che il protagonista racconta della propria vita coniugale - ma anche delle sue paure e incertezze - dipenda sempre, in qualche misura, dalla signora A., così spesso si ha la sensazione di guardare proprio attraverso i suoi occhi lo svolgersi delle giornate.

Alla terza prova letteraria, Giordano ha nettamente diminuito il numero di pagine (oltre ad aver cambiato casa editrice), sfornando un romanzo breve ma intenso.
Non so cosa mi aspettassi, forse vedere la storia da un altro punto di vista mi avrebbe coinvolto di più..ma questo è un monologo intriso di pensieri angoscianti che nulla mi ha trasmesso, se non tanta tristezza.
Il ripetersi de "la signora A." poi, è a dir poco snervante, e onestamente non ne comprendo l'utilità.
La scrittura è intima e malinconica; la storia può anche esser considerata convincente, e descrivere una relazione utilizzando i colori, come se Nora fosse l'argento e suo marito il nero, e Babette quella sfumatura che li poteva render più forti, è stata, a mio parere, una bellissima idea.
Ma più continuo a guardare la copertina e a rigirare il libro fra le mani, più mi convinco che Giordano mi ha deluso. Forse, come dice lui, anche se inizialmente sembra che i colori si stiano mischiando lentamente e possa venir fuori qualcosa di simile a quello di certi antichi gioielli berberi, in realtà ci si sbaglia. In realtà, a dispetto delle nostre speranze, certi elementi sono insolubili l'uno nell'altro. 

Commenti

  1. Intenso ma deludente tranne la scrittura sempre allettante e trascinante; e la conclusione è senza il forse, non vien fuori come in una vera coppia qualcosa di simile a quello di certi antichi gioielli berberi, In realtà certi elementi sono insolubili l'uno nell'altro.. rimangono due.inutile e dannoso forzare e falsare.

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