Fabio Genovesi - Versilia Rock City


Fabio Genovesi - Versilia rock city

Mondadori ( Oscar Contemporanea)
2013
pp. 211
€ 10




"Ecco, mi pare che questo sarebbe molto più semplice che starmene qui seduto a finire le sigarette davanti a un monitor. Ma non sono sicuro. E' così tanto tempo che non mi capitano cose semplici che ormai non mi ricordo nemmeno come sono fatte.
Sono roba di quando eri piccolo, che se avevi fame ti davano da mangiare, se volevi giocare giocavi e se avevi sonno dormivi.
Una volta, avrò avuto quattro anni, apro per caso l'armadio dei miei, era metà dicembre e dentro ci trovo i regali di Natale già pronti per me. Chiedo al babbo come mai, e lui mi spiega che Babbo Natale non può portarsi dietro i regali per tutti i bambini del mondo in una notte sola, e allora qualche giorno prima fa un giro e nasconde i doni nelle case dei bimbi, poi alla vigilia passa con comodo e li mette sotto l'albero. "Ah, ecco, tutto risolto" penso io. Tutto chiaro, tutto semplice. Perché all'epoca succedevano le cose semplici.
Poi da lì parte una serie sempre più grossa di intoppi, di sfortune, di casini, e mentre provi a risolverne uno se ne gonfia un altro lì accanto che è il doppio del primo, e succede un po' come quando a scuola cominciavi un quaderno nuovo e pensavi: "Questo lo tratterò benissimo" e ci scrivevi meglio che potevi e stavi attento a stare nei bordi e a non sbagliare mai. Poi però a un certo punto qualcosa sbagliavi per forza, e allora ti toccava farci una cancellatura, poi con la mano sbaffavi l'inchiostro, poi sbagliavi un'altra volta, e nel giro di due minuti te ne fregavi e lo lasciavi andare come andava, e il quaderno nuovo diventava un casino come tutti quelli prima e quelli dopo.
E' così che funziona, casini su casini su casini, e allora che ci posso fare? Mi accendo un'altra sigaretta e prendo il Serenase e me lo faccio scendere dritto in bocca. Sento le gocce che cadono sulla lingua e le conto. Una, due, tre, quattro, cinque... "Ecco, questa sì che è una cosa semplice" penso.
Poi non penso più a nulla."




Genovesi, che bella scoperta.
Un po' però già sapevo che non mi avresti deluso.

La Versilia è uno di quei posti che d'estate brulicano di gente, di quelli che vanno avanti a sole, mare, negozi di lusso, vita notturna. D'estate.
Perché d'inverno, le facce che restano, sono costrette a sopravvivere alla monotonia più totale.
Anime sbandate, che si trascinano lungo le giornate in attesa di tempi migliori.
In Versilia Rock City troviamo Nello, ex tossicodipendente conosciuto - ed accuratamente evitato - da tutti in città; Nello con i suoi modi rudi, che cerca di inventarsi un modo per andar via, verso un futuro dove poter ricominciare da zero, ma che da un momento all'altro si ritrova invece a dover fare i conti con un presente che non aveva minimamente preso in considerazione, e con un certo Nello Yunyor.
Poi c'è Mario, nipote di Nello, ex deejay di successo, rintanato in casa dal lontano Luglio 2005, data che segna per lui un punto di non ritorno. Mario che vive di mp3 scaricati senza sosta e di e-mail scambiate con la sua pornostar preferita, Vanessa Sex.
Roberta fa l'avvocato, ed è molto stimata nel suo ambiente: alle cene di lavoro tutti le chiedono un consiglio. Ma quando rientra a casa non ha nessuno disposto ad ascoltarla. E' convinta che, se dovesse finire sotto un camion, difficilmente qualcuno si accorgerebbe della sua assenza. Il giorno in cui nella sua vita ricompare Nello, oltre alla passione, Roberta è convinta di aver anche ritrovato se stessa. 
Infine c'è Renato, amico d'infanzia di Mario, l'unico che forse, essendo emigrato a Milano, sarebbe potuto riuscire a sfuggire ad un triste destino già segnato... ma ahimé, la vita non è stata così docile neppure con lui, finito ad organizzare finti viaggi per persone che non si possono permettere quelli veri.
Quattro vite abbandonate a se stesse, alla disperata ricerca di un appiglio, del riscatto che dopo anni di penitenza si sono anche giustamente guadagnate.
Quattro destini che finiscono per incontrarsi e partire assieme per un viaggio che forse non li porterà poi così lontano, ma almeno gli farà assaporare il profumo della libertà.

L'autore sorprende col suo ritmo brillante, fresco e senza fronzoli. Ed è vero che riesce a far ridere e piangere assieme, perché è capace di raccontare la routine in modo reale, diretto, in tutte le sue sfaccettature, rendendola appassionante e talvolta commovente.
Le sue storie sembrano vive, e forse è anche un po' per questo che a tratti mi ha ricordato lo stile di Ammaniti. 
Genovesi porta allo scoperto una fetta d'Italia conosciuta solo per il tipico caos estivo, ed è bello lasciarsi guidare da chi in certi luoghi c'è nato e vissuto e li sa raccontare come realmente sono quando si svuotano, e non ci sono più gli sguardi dei giornalisti e delle telecamere a immortalarli nei loro momenti di piena. 
Forse perché vivendo in Sardegna anche io assisto ogni anno alle stesse scene, di città che si svuotano e di località che si riempiono, e poi magicamente finita la bella stagione tutto ritorna alla normalità, e la Sardegna si mostra col suo vestito più vero, e solo noi che ci stiamo anche d'inverno abbiamo l'opportunità di vederla (e amarla) così com'è. Forse è anche per questo che il romanzo mi ha colpito.
Ma ciò che ha contribuito maggiormente, è di sicuro il fatto che, Genovesi, i suoi personaggi, li ha fotografati in modo magistrale: sembra sul serio di vederli, su una delle spiagge della Versilia, col sole in faccia, che stringono gli occhi e guardano laggiù, all'orizzonte, cercando di scorgere qualcosa di più promettente.




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