Marco Peano - L'invenzione della madre

Marco Peano - L'invenzione della madre

Minimum Fax (collana Nichel)
2015
pp. 252
€ 14



“Perché quando la dottoressa piccolina ha detto loro dieci-dodici mesi, due universi si sono scissi: in uno la madre di Mattia è riuscita a invecchiare. Nell'altro, il posto in cui sono intrappolati, il figlio si  è dato un compito: correre più veloce del cancro. Correre, vivere con la madre tutte le esperienze che la morte arriverà a negare. Correre, per non perdere neanche un minuto di vita della madre. Ma il cancro ha molto più fiato di lui.”

Un libro così delicato che si teme di rovinarlo già solo parlandone, addentrandosi in qualcosa – in una situazione tanto atroce e immutabile – che solo chi ha attraversato può capire.
E nessuno, mai, nella propria vita, ci si vorrebbe trovare.
Chi non c'è passato non può sapere.
Non si può neanche immaginare il dolore di un figlio al quale viene strappata via la madre, la creatura che l'ha messo al mondo, che gli ha insegnato a stare in piedi e a difendersi.
E' come se, andando via, gli levasse da sotto i piedi tutto quell'universo che lei dapprima gli aveva donato, tutto quel mondo che era il loro, solo e soltanto quello di loro due, quello spazio di vita che è riservato, chiuso, accessibile solo a chi ha creato e a chi è stato creato.



Mattia è un figlio come tanti, uno come tutti noi, uno che lavora in una videoteca solo per forza di inerzia, che tiene in piedi una relazione senza esserne troppo convinto, uno dalla vita precaria come è la nostra intera generazione. E' che quando rientra a casa ha una madre malata di tumore, una donna distrutta da un cancro in metastasi che si prende ogni giorno una briciola di lei, ogni giorno un pezzo in più.
Mattia non riesce ad assistere inerte a questa ingiustizia, fa di tutto per tenerla in vita, e si aggrappa ai ricordi cercando di rendere meno tragico il presente.
E tenta così di ridisegnare i confini di quello spazio madre-figlio che col tempo sembrano diventare sempre meno netti, e se ne sta lì con la penna in mano a tracciare e a ritracciare le linee che sembrano sbiadire.
A volte è difficile stargli dietro, può apparire angosciante, a tratti perfino snervante. Ma è solo perché chi non ha mai provato quel dolore, riesce a fatica a seguire molti dei suoi pensieri, a comprendere a fondo quelle giornate strazianti, quel susseguirsi di momenti di rassegnazione alternati a quelli di ira - contenuta, per non creare ulteriori lacerazioni ad un'esistenza che già ne è colma - capaci di minare anche il più solido equilibrio mentale.
Mattia prova un dolore che spaventa, che sembra poter traboccare da un momento all'altro, diventare indomabile e divorare tutto ciò che lo circonda. Un dolore che cerca di confinare di là, dove sta la madre, in una stanza -  che è in realtà un piccolo universo – ben separato da tutto il resto. E' di là che scorre, lento e inesorabile, il loro tempo assieme. Un tempo fatto di gesti semplici, necessari, pazienti.
E' un romanzo di fine letteratura e profondi sentimenti. Una storia tenera, fragile e tremendamente dolorosa. 
Peano ha scelto un tema capace di prendere qualsiasi essere umano e sconvolgerlo, perché si sta toccando la persona che ama di più al mondo, quella per cui il bene che prova – un bene forte, puro, forse il più intenso in assoluto - non è mai mutato, fin dalla nascita, e mai muterà. 
Una mano che scava dentro e ci pone tutti al posto di Mattia, a guardare con i suoi occhi la parte più importante di noi che, pezzo per pezzo, poco alla volta se ne va, lasciandoci qui, inermi, ad immaginare, a ricordare, ad inventare ciò che sarebbe stato se.
 A sognare ancora quello spazio, "quella linea temporale dove lei continua a vivere, dove loro due esistono ancora come madre e figlio."

Commenti

Post più popolari