Barbara Fiorio - Qualcosa di vero
Barbara Fiorio - Qualcosa di vero
Feltrinelli 2015 pp. 249 € 15 |
“Salì
su un taxi e si godette il viaggio guardando scorrere la città oltre
il vetro. Le macchine nella corsia accanto, le luci accese nei
palazzi, le persone che camminavano sui marciapiedi, chi aspettava un
autobus, chi attraversava la strada.
Gente.
Gente che viveva, gente che restava ferma o che correva chissà dove,
gente che arrivava, gente che andava, gente che dietro le finestre
cenava o litigava, gente che urlava, gente che picchiava, gente che
piangeva o si vergognava.
Erano
tutti numeri, dati target e cluster, erano qualcosa da analizzare, da
raggiungere von slogan e prodotti, da far canticchiare negli
ascensori, da far sognare davanti a una vetrina, da ingozzare di cibo
industriale, da strigliare con saponi chimici, da ossessionare con
oggetti di tendenza, da rintronare con bevande alcoliche. Qualunque
cosa facessero, erano convinti che fosse una loro libera scelta.
Desiderò
provare qualcosa per loro, ma non ci riuscì.
Senza
un volto e una storia, per lei tutto era gente. Aveva
sposato cause umanitarie, aveva difeso valori e si era indignata per
le ingiustizie nel mondo, sempre con profonda convinzione. Aveva
accumulato diverse posizioni nette che non aveva ancora messo in
dubbio, ma sempre a una debita e rassicurante distanza. Fino al
giorno in cui una bambina le aveva chiesto una fiaba.”
Non
a tutti i bambini piacciono le classiche storie dal finale “E
vissero sempre felici e contenti...”. Alcuni sono talmente
assuefatti alla realtà che non si fanno certo abbindolare da una
scarpetta di cristallo e da un castello incantato. O meglio, va bene
la scarpetta, va bene il castello ma..poi? La realtà dove sta?
Ecco,
Rebecca ha nove anni e di bugie e sotterfugi ne ha già abbastanza. E
le fiabe le piacciono, davvero, ma solo quelle raccontate dalla
Signora della Buonanotte. Quelle storie dove ci sono le principesse vere,
che spesso sono stupide, o lasciano le mele a metà, o non si
innamorano certo di uno a caso, solo perché le ha baciate una volta,
mentre si erano assopite un attimo.
La
signora della Buonanotte è Giulia, la vicina di pianerottolo,
trentenne, grafica pubblicitaria all'apice del successo che, tra
pubblicità vegane e di lubrificanti, mai e poi mai avrebbe potuto
immaginare che un giorno sarebbe finita a raccontare storie ad una
novenne curiosa e impertinente.
Rebecca
è arrivata da poco in città insieme alla madre Anna, in fuga da una
situazione divenuta col tempo troppo stretta e pericolosa. Giulia è
invece in fuga dall'amore che, come in ogni romanzo di questo genere,
si ritrova tutti i giorni davanti agli occhi, eppure lo sguardo sul
povero Lorenzo resta appannato. Quello che invece agli occhi di
Giulia appare sempre magicamente nitido, è l'ingegnere di turno, che
non amerà mai Giulia come la ama Lorenzo, ma questo lei mica lo può
sapere. Lo deve scoprire. Come scoprirà, pian piano tutto il resto
e, unendo i pezzi, riuscirà a ricomporre un puzzle che sembrava
destinato a farsi in pezzetti sempre più piccoli.
Qualcosa
di vero è un mix tra favola e verità, e colpisce proprio
per questo, per la sua capacità di sdrammatizzare, senza perdere di
vista la crudeltà della vita.
Il
romanzo scorre che è una meraviglia e, come si può immaginare, non
è difficile ritrovarsi a sorridere tra una pagina e l'altra.
Sebbene
possa essere annoverato tra le letture leggere, ideali per prendersi
una pausa “rinfrescante”, è tutt'altro che trascurabile. La
Fiorio affronta infatti temi per niente comodi, ma il suo punto
forte, a mio parere, è che lo fa senza prendere le parti di nessuno.
Ho chiuso il libro e mi è rimasto un quesito, e questo mi è
piaciuto, perché mi ha costretto ad analizzare entrambe le facce
della medaglia.
Il
libro è spaccato in più parti, che tutti i giorni si incontrano: da
una parte la precarietà di una trentenne dei giorni nostri, che come
sempre si dimena tra amori veri/fittizi e carriera da inseguire a
tutti i costi, onde evitare di rimanere sola e anche spiantata (e
questa, se vogliamo, è la parte più prevedibile dell'insieme);
dall'altra una bambina che subisce la crisi dei genitori, e cerca di
farsi coraggio usando la curiosità come arma; infine una donna
maltrattata - l'ennesima donna maltrattata - che annaspa alla ricerca
di protezione e certezze.
Perché
mi è piaciuto? Perché è fedele al titolo.
Perché
ci sprona a cercare e a pretendere la verità, ad ogni costo. Sempre,
da qualsiasi situazione. Dalle fiabe, che sì, ci piacciono proprio
perché sono fantastiche e ci fanno sognare, ma ignoriamo il fatto che a volte quelle reali
possano essere anche più divertenti, o possano addirittura farci crescere con una marcia
in più. Ricordo che quelle che si raccontavano tempo fa ai bambini
erano diverse, così come lo erano le illustrazioni all'interno dei libri.
Spesso, per esempio, facevano veramente paura, o erano molto tristi,
eppure guardateci, siamo ancora tutti qui. Invece oggi abbiamo paura
di leggergli certe storie, e non ci rendiamo conto che
stiamo coltivando generazioni di adulti che affronteranno la vita con
più timori, ansie, preoccupazioni.
E
poi, ci insegna a esigere la sincerità dalle relazioni, perché con le
bugie non si potrà mai andare lontano. E dall'amore, perché basta
guardare con più attenzione per rendersi conto quando è vero, o quando destinato a sbriciolarsi in pochi inutili episodi.
Dal lavoro e, in questo caso, dal mondo della pubblicità che, si sa, è fondato sulle menzogne.
Insomma,
qualcosa di vero. Non tutto. La fantasia lasciatecela. E' quella che
ci permette di non smettere mai di desiderare, sognare, creare,
procurarci più facilmente un sorriso. Però, ecco, magari prima di
servirla, conditela con una giusta dose di verità: camminare sicuri, sapendo come stanno le cose, ma essere in grado, quando serve, di ridimensionarle, è senza dubbio la ricetta della felicità.
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