Nicola Lecca - I colori dopo il bianco
Nicola Lecca - I colori dopo il bianco
Mondadori 2017 pp. 189 € 18 |
“E’
questo l’amore?” si domanda, rendendosi conto che la vita molto
toglie: ma anche molto dà. Dà in forme spesso difficili da
catalogare. Dà tutto insieme: quando, ormai, avevamo smesso di
sperare: vinti dalle delusioni e decisi a smettere di cercare. Dà
quando non chiedevamo più e stavamo per abbandonare il campo da
gioco. Dà e basta. Senza pretendere niente in cambio. Dà: per
compensare in segreto tutto il male che abbiamo subito. Lo fa in
maniera inattesa quando – in realtà – noi ci saremmo
accontentati di molto meno. Dà attraverso persone che a lungo
avevamo evitato a causa dei nostri pregiudizi. Dà inspiegabilmente e
in abbondanza: come se le migliaia di volte in cui abbiamo desiderato
fossero state depositate in una banca svizzera e avessero fruttato
gli interessi. Dà mentre il destino a tutti gli altri,
spietatamente, toglie. Dà, non tanto perché lo meritiamo, ma perché
nel caos del mondo è finalmente arrivato il nostro turno.”
Ho
imparato a mie spese che il bianco è un non-colore, un colore
acromatico, ossia senza tinta, capace “solo” di riflettere tutti
gli altri.
Il
bianco è, banalmente, luce. E’ il colore della neve, della panna,
del freddo. Non conosce sfumature, sa di purezza, quiete, silenzio.
Non vuole avere niente a che fare con il caos, l’allegria,
l’imprevisto. Pare che niente lo possa smuovere.
Il
bianco conosce solo il suo mondo, non si mescola al resto. E’ un
po’ come se volesse rimanere candido nel suo essere, ignorando
tutta la meraviglia che gli ruota intorno: già, perché è attorno a
lui che si scatena un inarrestabile girotondo di colori.
E
“I colori dopo il bianco” racconta esattamente tutto
questo.
Silke
è una ragazza di Innsbruck, da sempre abituata a vivere nell’ordine
del bianco.
Bianco
è il gelo che avvolge la sua città, bianco è - se non altro in
apparenza – il recinto dentro il quale i suoi l’hanno confinata;
bianchi sono sfarzo, perfezione, disciplina, reputazione: impeccabili
e irrinunciabili caratteristiche della famiglia Dopper.
Lui
presidente di un’antica
banca tirolese, che
dell’ordine, del denaro e delle regole ha fatto ragione di vita;
lei una donna fedele al
rigore imposto dal marito,
che non può
cedere davanti ad uno zucchero filato, figuriamoci se può farlo
davanti ai segni del
tempo che le sfiorano il
viso. “La
signora Dopper non comprerà lo zucchero filato rosa che follemente
desidera perché
suo marito criticherebbe l'assurdità di quel pensiero infantile,
capace di esporre entrambi al ridicolo nella più importante via
della città.”
Silke
si sente soffocare e, complice un grave quanto assurdo evento,
sceglie Marsiglia per dare una svolta a tutto. Sceglie i colori, e
con essi personaggi, luoghi, profumi e sapori di una città speciale,
piena di vita, mare e sorprese, capace di togliere tanto, senza
alcuna pietà, ma anche di donare, nel bel mezzo di un cielo
grigio, tutta la felicità di cui è capace. La gioia racchiusa nella
bellezza di uno di quegli arcobaleni doppi, una delle poche
meraviglie davanti alle quali anche il più cinico riesce ancora a
restare a bocca aperta. “Vuole che tutto quel mare entri
dentro di lei: dagli occhi, dal naso e dalle orecchie per colorare
d’azzurro i ricordi grigi che si porta dentro.”
Questa
è, prima di tutto, a mio parere, una storia incantevole.
Nicola
Lecca dimostra, ancora una volta (questo è il suo terzo romanzo che
mi capita tra le mani), di saper guidare la penna in modo abile, da
vero “artigiano della parola”, come ama definirsi: lo stile è
asciutto, semplice e, allo stesso tempo, elegante e delicato. Ogni
termine sembra scelto con cura e maestrìa, per poi essere incastonato
perfettamente nel suo posto.
Ai
personaggi ci si affeziona nel tempo sufficiente a voltare una
manciata di pagine, perché sono tutti piccoli grandi eroi che hanno
fatto di ogni fragilità un tesoro, di ogni debolezza una forza, di
ogni imperfezione un sorriso. Gente che nella vita ha sbagliato
tutto, o è inciampata più volte, ed ha avuto il coraggio di
ricominciare daccapo.
Perché
questa è una storia incantevole, sì, una storia di incantevole
coraggio.
Silke
è di una dolcezza infinita, ed è da quando ho iniziato a leggere
che l’ho immaginata, con un paio di occhi neri, grandi, tutti
intenti a scrutare il mondo, a catturarne anche la più
impercettibile delle sfumature e farne tesoro. E’ coraggiosa, ma
appare sempre come una piccola donna piena di paure: nessuno le ha
mai insegnato la bellezza delle cadute della vita, anzi, gliele hanno
sempre mostrate come qualcosa di assolutamente sbagliato, da evitare,
impossibile da recuperare. Non ha mai conosciuto il profumo amaro
della terra quando si sprofonda, non ha mai avuto scarpe sporche di
fango; non ha mai visto come il cielo si colora di azzurro quando la
testa riesce finalmente a sbucare fuori dal fosso, quando si rinasce
una, due, trecento volte.
E’
sempre stata abituata a nascondere sentimenti, di qualsiasi natura
essi fossero. Poteva solo prendere parte allo squallido teatrino
delle maschere imposte.
Non
conosceva
libertà. E
io l’ho vista così, per tutta la storia, come la protagonista di
una delle canzoni alle quali sono più legata: “E
hai disegnato a colori il mondo che hai immaginato...te ne vai in
giro a fare tentativi, finché non avrà combaciato”, alla
continua ricerca di aria, emozioni, sorrisi, vita. Marsiglia
le ha regalato tutto questo.
Nicola
Lecca ci ha regalato tutto questo. Una favolosa storia di rinascita e
redenzione, di crescita, emancipazione e libertà, capace di
insegnarci che «il
destino non esiste. Non c’è. É un’invenzione. Il destino sei
tu. É ciò che vuoi: ciò che desideri».
Perché
dopo il bianco, brillano un mucchio di colori, con tutte le loro
infinite sfumature. Ed è solo tra quelle che splende il valore più
prezioso: la Libertà.
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